Page 50 - Guida Pompei 12 - Tracce di vita intorno al denaro
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Ostello dei Fabii





                                           COMMENTO

            L’iscrizione registra le piccole spese quotidiane effettuate da una persona che allog-
            giava nell’alberghetto effettuate nell’arco di nove giorni. Si noterà l’estrema conve-
            nienza dei prezzi dei generi alimentari di prima necessità, quali pane, olio, vino,
            formaggio, salsiccia, pesce, carne, che assicuravano la sopravvivenza anche ai
            più disagiati, così come il ricorrere della voce pane per lo schiavetto, che appare                                               Tappa n. 8
            quasi quale unico obbligo alimentare nei confronti di un servo. Misteriosa rimane
            invece la figura del domatore, cui viene concesso un consistente tributo in vino, un                                     Casa del Larario di Achille
            giorno, e un pesce, un altro giorno. Si noti infine come i costi sostenuti per i vari
            alimenti ondeggino, di giorno in giorno, verosimilmente in relazione alla quantità
            acquistata, anche se abbiamo visto, ad esempio per il vino, che i prezzi variavano
            anche in rapporto alla qualità.







            Le “liste della spesa”, che si sono rinvenute a Pompei in vari punti della città (ad es. CIL
            IV 4000, 4422, 5380, 8561 ecc.) lasciano chiaramente intendere come i costi relativi ai
            generi alimentari di base fossero assolutamente esigui, alla portata di tutti e probabilmente
            proprio a tal fine calmierati, sì da evitare situazioni di esasperazione o conflitti insanabili
            che facessero perdere il controllo della massa enorme dei meno abbienti in un’economia
            minore che aveva a punto di riferimento l’asse e il sesterzio.
            Già per l’età repubblicana le fonti storiche ci testimoniano le cifre folli che la classe magna-
            tizia romana era in grado di spendere per l’acquisto di beni artistici, di immobili, o anche
            solo per l’organizzazione di una cena “luculliana” o per l’acquisto della triglia più grande
            che il mercato era in quel giorno in grado di offrire. Questo era in rapporto diretto con le
            ricchezze altrettanto incredibili che da ogni parte del mondo affluivano a Roma, così che
            non deve meravigliare che Lucullo, ad esempio, spendeva per organizzare una cena l’equi-
            valente di quello che sarebbe stato lo stipendio annuo di un grand-commis della burocrazia
            imperiale, pari circa a 100.000 sesterzi, ossia 400.000 assi.




















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